di
Luca Fornaciari

[CINEMA] Il curioso caso di Benjamin Button - Recensione

"non sai mai cosa è in serbo per te"

Ho atteso molto a lungo l'uscita di questo film: il suo continuo parlarne leggendone la trama mi aveva molto incuriosito e mi aveva fatto capire che, salvo ricredermi, ci sarebbe stata offerta un'opera molto particolare e affascinante.

Nonostante sapessi già prima di vederlo quali fossero i suoi punti forti e i suoi difetti (se così possono definirsi), il film ha rispettato a pieno le mie aspettative:
David Fincher per il suo settimo film ha creato davvero qualcosa di magico; partendo dalle ambientazioni, narrate spesso da una voce fuori campo, e dalla colonna sonora che nell'insieme ricreano atmosfere quasi surreali a ricordare a volte l'indimenticabile Big Fish.
Inoltre ad una bellissima regia si aggiunge anche una fotografia molto curata ed una buona resa degli effetti speciali usata in larga scala per ricostruire ambientazioni del passato, ma sopratutto il viso dei due protagonisti, Brad Pitt e Cate Blanchett, nelle varie fasi della loro vita.

La trama, decisamente triste e malinconica, ripercorre la storia di Benjamin (Brad Pitt) la cui crescita prosegue al contrario: nato deformato dall'aspetto di un anziano, con il trascorrere degli anni ringiovanisce sempre più. Il filone centrale della vicenda riguarda il suo smisurato amore per Daisy (Cate Blanchett), conosciuta fin dalla giovane età (per lui solo mentale e non apparente) e con la quale il film esplora una relazione d'amore tutta nuova che raggiunge il suo apice nel punto di incontro tra i due innamorati: quando cioè entrambi possiedono la stessa età, anche nell'aspetto.
Attorno alla trama principale satellitano tutte le esperienze di vita di Benjamin, ostinato a girare il mondo, affascinato specialmente dalle sue condizioni fisiche che vanno via via migliorando permettendogli di vivere nuove esperienze rese particolarmente ironiche e divertenti allo spettatore conscio della reale età del protagonista nonostante quella apparente.

Per un film di tre ore così intenso e con così tanti contenuti per i quali rimane impossibile scrivere una semplice recensione per rendere loro merito, l'unico paragone che già durante la visione del film salta alla mente è con Forrest Gump: diciamola tutta però: la frase "non sai mai cosa è in serbo per te" è ripresa pari pari e non brilla quindi di originalità, da qui poi per scoprire che lo sceneggiatore è lo stesso per entrambi i film; Eric Roth.
Voto 8

2 comments:

Anonymous said...

Condivido la recensione al 100%, ma gli do un 7 pieno.

Il film è interessante e profondo, ma a volte non va oltre la semplice curiosità di vedere come hanno ringiovanito al digitale Brad Pitt. Sono molto belle le storie raccontate nella cornice, che sono la vera spina dorsale del film, dal mio punto di vista.

Pitt è bravo, ma la Blanchet è meglio.

Curiosità: Pitt cita 3 volte i suoi due maestri. 2 volte Marlon Brando (giubbotto di pelle e motocicletta + cappotto di cammello tipo Ultimo Tango) e 1 Redford (quello da sempre per la verità!)

condivido pienamente il tuo commento, grazie per le informazioni!